L’antica Chiesa di Santa Maria del Graffeo detta
“la Cattolica” fu utilizzata fin dal 1168 per le celebrazioni di rito
greco a Messina, salvaguardando la continuità della tradizione
bizantina, presente in Sicilia fin dalla prima evangelizzazione e
maggioritaria fino all’invasione
islamica. Essa sorgeva fino al 1908 nei pressi di Piazza Duomo, all’inizio
di Via I Settembre, nel centro storico della città dello Stretto.
Nell’VIII secolo d.C. l’imperatore romano d’Oriente Leone III l’Isaurico aveva disposto con propria ordinanza il passaggio del
Mezzogiorno d’Italia, della Sicilia e dell’Illirico, territori posti sotto il suo governo,
sotto la giurisdizione ecclesiastica del Patriarca di Costantinopoli, attestando la maggiore vicinanza delle popolazioni locali alla Chiesa costantinopolitana relativamente al rito, alla lingua ed alla concezione della fede.
Il clero greco di Messina, fedele a questi legami con la capitale
orientale, dopo aver riscontrato la preponderanza del clero latino
nella Chiesa di Santa Maria la Nuova (come era chiamato il Duomo di
Messina dalle origini fino al Cinquecento), in cui aveva iniziato ad
officiare dopo l’edificazione ad opera del Gran Conte Ruggero, si trasferì
nel XII secolo nella nuova chiesa, vicino alla Cattedrale, che venne denominata “Cattolica” secondo un privilegio accordato alle più importanti fra le chiese non latine
a possedere un battistero, ciò che valeva per i greci il nome di Καθολικό.Venne quindi introdotto il culto per la sacra immagine della
Madre di Dio del Graffeo, che presso il clero latino era appellata come Madonna della Lettera.
In entrambi i riti la festività ricorreva il 3 giugno.
In funzione di questa profonda devozione la chiesa ebbe anche il titolo di
Santa Maria del Graffeo. In seguito, con una Bolla Pontificia emanata
da Papa Benedetto XIV (1740-1758) che voleva si mantenesse a Messina il rito
greco, vennero confermati al clero bizantino messinese tutti i privilegi e le prerogative della
dignità protopapale, compreso l’antichissimo diritto di eleggere il proprio
superiore, chiamato Protopapa (Πρωτόπαππας), «senza che persona alcuna
s’ingerisse». Il presbitero che riceveva tale dignità era
considerato la terza personalità religiosa della Città dopo l’Arcivescovo e
l’Archimandrita
del Santissimo Salvatore (quest’ultimo
parimenti legato alla tradizione bizantina, a capo di oltre sessanta
monasteri italo-greci tra Calabria e Sicilia). Il Protopapa Giuseppe Vinci, eletto il 23 giugno 1744, nel suo scritto “Documenti per l’osservanza del Divin Culto, Rito Greco-Latino” stampato a Messina nel 1756, fornisce un elenco completo dei
presbiteri che, a partire dal 1130, si avvicendarono a ricoprire l’alta carica di guida della Chiesa greca a Messina.
Fra le pagine di questo libretto
vi è anche la notizia di un rifacimento della chiesa originale, avvenuto nel 1752 e ricordato da una lapide non più esistente che si trovava sul portale
d’ingresso. All’interno vi era, fra l’altro, il dipinto su tavola della “Madonna del Graffeo col Bambino e la Lettera”, opera del sec. XIV donata alla chiesa da Luciano Foti ed oggi conservata
nel tesoro del Duomo di Messina. La chiesa ospitava anche una pregevole acquasantiera scolpita a bassorilievo del sec. XIV e una colonna in marmo di epoca ellenistica (oggi al Museo Regionale) che sosteneva il fonte battesimale.
Sulla sua superficie si trova un’epigrafe in greco che tradotta significa:
«Ad Esculapio e ad Igea servatori tutelari della città», analoga a quella riprodotta nella colonna dell’acquasantiera del Duomo e che testimonia quel culto a Messina in epoca greca.
Dell’impianto originale rimangono oggi, come si è già accennato,
pochi eleganti resti dell’ingresso costituiti da due campate gotiche con volta a crociera su colonne angolari e peducci inglobati
nell’atrio di un nuovo edificio, che sono stati risparmiati dal terremoto del 1908.
In
seguito ai tragici eventi che, nella mattina del 28 dicembre di
quell’anno, portarono alla pressoché totale distruzione della
città di Messina, all’epoca seconda città della Sicilia per
popolazione e nona in Italia, la comunità della Chiesa di Santa
Maria del Graffeo subì conseguenze particolarmente drammatiche. Il
Protopapa Daniele Stassi morì sotto la macerie, destino comune alla
stragrande maggioranza dei fedeli di rito bizantino. Il corpo del
presbitero fu recuperato dai marinai russi dell’incrociatore “Aurora”,
primi a prestare soccorso alla città dello Stretto, che lo
seppellirono insieme al parroco della Chiesa di San Nicola dei
Greci, legata al Patriarcato di Costantinopoli.
Dopo
il sisma, la comunità non si ricostituì ed il titolo parrocchiale rimase utilizzato prima presso la Chiesa di San Domenico, poi presso la nuova
Chiesa parrocchiale di San Francesco d’Assisi
in San Licandro, fino a quando l’Arcivescovo
di Messina, Lipari e Santa Lucia del Mela, S.Ecc. Rev.ma mons. Ignazio Cannavò,
ricostituì nel 1997 con proprio decreto la parrocchia bizantina
messinese, affidandola nel 1999 al Papàs Antonio Cucinotta, primo sacerdote messinese di
rito bizantino ordinato in Città dopo quasi cento anni. Dal 2012 la
Divina Liturgia è ospitata presso la Chiesa dei Santi Cosma e
Damiano (di origine bizantina) in piazza San Cosimo, nelle vicinanze
del Gran Camposanto di Messina.